Una donna su tre, nel corso della propria vita, va incontro ad un aborto spontaneo.

Questa esperienza purtroppo viene ancora considerata come un vero e proprio tabù e le donne che l’hanno vissuta si sentono spesso, senza ragione, responsabili.

L’aborto spontaneo è l’interruzione involontaria della gravidanza e si verifica nella maggior parte dei casi nel corso del primo trimestre. Ha una frequenza maggiore entro le 10 settimane di gestazione. La causa è spesso dovuta ad anomalie genetiche incompatibili con la vita. Ma può anche essere legata a particolari condizioni della donna, come le trombofilie congenite e/o acquisite, tra cui la mutazione del Fattore V di Leiden o la Sindrome anticorpi antifosfolipidi.

Esistono inoltre dei fattori di rischio per l’aborto spontaneo che comprendono l’età materna, il fumo di sigaretta, l’eccesso di caffeina e l’utilizzo di sostanze d’abuso. Anche un precedente aborto è considerato un fattore di rischio per un nuovo aborto e circa 1 donna su 100 soffre di aborti ricorrenti o poliabortività.

Quali sono i sintomi di un aborto spontaneo?

L’interruzione della gravidanza può essere identificata del medico specialista grazie all’esame ecografico. Spesso infatti la donna non si rende conto dell’aborto perchè non presenta alcuna sintomatologia.

In altri casi, invece, inizia in maniera del tutto improvvisa la comparsa di perdite di sangue dai genitali esterni e di dolori addominali. L’entità del sanguinamento può essere variabile da donna a donna e senza il controllo ecografico non è possibile stabilire se si tratta di un aborto vero e proprio o di una minaccia di aborto. Quest’ultimo quadro clinico, frequentissimo, consiste nella presenza di sintomi e segni tipici dell’aborto ma con il riscontro ecografico del battito cardiaco embrionario/fetale che depone per una gravidanza ancora in evoluzione.

Esistono delle terapie per prevenirlo?

I farmaci che più vengono impiegati dei ginecologi per ridurre al minimo il rischio di aborto spontaneo sono a base di progesterone. Vengono inoltre spesso impiegati farmaci che agiscono sulla coagulazione del sangue. Quali ad esempio la cardioaspirina e l’eparina, con lo scopo di diminuire il rischio di eventi trombotici.

Quali sono i trattamenti possibili dopo un aborto spontaneo?

Esistono tre tipi di possibilità:

  1. la prima consiste in un semplice atteggiamento di vigile attesa, che implica un controllo ecografico a distanza di qualche giorno dalla diangosi di aborto. Questo tipo di comportamento, che è il meno invasivo, si basa sul fatto che spesso le perdite ematiche, se non ancora presenti,  compaiono nel giro di qualche giorno e favoriscono l’espulsione spontanea del prodotto del concepimento.
  2. la seconda possibilità prevede invece una terapia farmacologica che stimola le contrazioni uterine e la comparsa delle perdite portando quindi all’espulsione della camera gestazionale.
  3. Infine, il metodo chirurgico prevede l’intervento di revisione della cavità uterina (detto anche raschiamento) che consiste nell’asportazione meccanica del contenuto uterino durante una lieve anestesia di qualche minuto.

Sarà compito del ginecologo inquadrare la situazione della paziente ed indirizzarla verso il trattamento più idoneo per lei.

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