La crioconservazione del tessuto ovarico per preservare la fertilità.

Il patrimonio ovocitario della donna può essere compromesso da diverse patologie, ma anche dalle terapie utilizzate per curarle.

I trattamenti antitumorali a causa del loro effetto gonadotossico possono compromettere, talvolta in modo irreversibile, il potenziale riproduttivo delle pazienti. Per questa ragione è importante offrire a tutte le donne che presentano una buona prognosi di guarigione la possibilità di preservare la propria fertilità.

Prima di addentrarci in quest’argomento soffermiamoci a parlare delle ovaie e della loro funzione nell’organismo femminile.

Che cosa sono le ovaie?

Le ovaie, gonadi femminili, sono organi a forma di fagiolo collocati nella pelvi, e precisamente nelle cosiddette fosse iliache, a sinistra e a destra dell’utero.

Il loro compito è di produrre:

  • I gameti femminili: gli ovociti;
  • Gli ormoni sessuali femminili: estrogeni e progesterone.

Dal punto di vista istologico, le ovaie presentano quattro regioni:

  • l’epitelio germinale dell’ovaio;
  • la tonaca albuginea;
  • la corteccia ovarica;
  • la medulla ovarica.

Quali tecniche utilizzare per preservare la fertilità femminile?

In Italia le tecniche tradizionalmente impiegate per preservare la fertilità femminile sono:

  • la crioconservazione degli ovociti;
  • la crioconservazione del tessuto ovarico.

La tecnica da preferire dipende dall’età della paziente e dal tempo di cui si dispone prima dell’inizio delle terapie chemio-radioterapiche.

La crioconservazione degli ovociti è considerata a oggi la tecnica di elezione per le pazienti in età fertile quando i trattamenti antitumorali possono essere ritardati per consentire l’inizio di una stimolazione ovarica necessaria per il recupero degli ovociti.

La crioconservazione del tessuto ovarico, invece, può essere eseguita in qualsiasi momento del ciclo mestruale, non richiede alcuna stimolazione ed è la tecnica di elezione per le pazienti in età pediatrica e per le pazienti in epoca prepuberale.

In cosa consiste la crioconservazione del tessuto ovarico?

Il tessuto ovarico destinato alla crioconservazione è prelevato nel corso di un intervento laparoscopico e può essere eseguito anche in pazienti in età pediatrica.

Il tessuto ovarico prelevato è suddiviso in numerosi, piccoli frammenti che sono immediatamente congelati e crioconservati fino al momento dell’impiego.

Il tessuto ovarico, dopo lo scongelamento, può essere utilizzato in due modi:

  • REIMPIANTO ORTOTOPICO: i frammenti di corticale ovarica sono reimpiantati a livello dell’ovaio residuo al fine di ripristinare il funzionamento endocrino e riproduttivo dell’organo. L’autotrapianto ortotopico del tessuto ovarico scongelato può anche far ottenere un concepimento spontaneo senza il ricorso a tecniche di fecondazione in vitro e assicura per alcuni anni una ciclicità mestruale a quelle pazienti andate in menopausa per causa delle terapie antitumorali effettuate.
  • REIMPIANTO ETEROTOPICO: i frammenti di corticale ovarica sono reimpiantati in siti molto vascolarizzati, diversi dal sito d’origine. In questo caso, poiché il reimpianto permette di ripristinare solo il funzionamento endocrino dell’ovaio, le donne che desidereranno ottenere una gravidanza devono sottoporsi a un trattamento di fecondazione in vitro.

Ci sono limitazioni a questa tecnica?

La principale limitazione della crioconservazione del tessuto ovarico e del successivo reimpianto nelle pazienti oncologiche è rappresentata dalla possibilità di reintrodurre cellule tumorali nel corpo delle pazienti ormai guarite.

Al fine di eliminare questo rischio è importante sviluppare tecniche sperimentali alternative al reimpianto dei frammenti di tessuto ovarico crioconservati.

Tra queste abbiamo:

  • LA MATURAZIONE IN VITRO DEGLI OVOCITI: tecnica non ancora standardizzata su cui molti centri di ricerca stanno lavorando, ma non ancora applicabile. Utilizzando un solo frammento di tessuto ovarico e isolando i follicoli primordiali (cioè gli ovociti immaturi) in esso contenuti, si possono ottenere in laboratorio molti ovociti maturi, in seguito impiegabili in tecniche di fecondazione assistita.
  • LA REALIZZAZIONE DI UN OVAIO ARTIFICIALE: un supporto biocompatibile e biodegradabile in cui sia i follicoli sia le cellule stromali crioconservate sono incapsulati, per poi essere reimpiantati. Negli ultimi anni diversi gruppi di ricerca hanno individuato differenti materiali per la realizzazione di questo supporto (matrici di fibrina o di alginato) ma la sua applicazione è a oggi molto limitata e la strada da percorre è ancora lunga prima del suo impiego in ambito clinico.

E i risultati?

L’opinione sempre più diffusa che la crioconservazione del tessuto ovarico sia una tecnica sperimentale inizia a essere smentita dai risultati ottenuti. La ripresa della funzionalità endocrina dell’ovaio avviene dopo 4-5 mesi dal reimpianto e ha una durata in media di cinque anni (a proposito della densità follicolare dei frammenti di corticale ovarica reimpiantati) e a oggi sono ottantasei i bambini nati grazie a questa tecnica.

In conclusione, grazie ai risultati fino ad oggi ottenuti, la crioconservazione del tessuto ovarico pur essendo una procedura sperimentale viene sempre più considerata un valido strumento per la preservazione della fertilità femminile. Inoltre, per le pazienti affrontare le terapie con la speranza di preservare il proprio potenziale riproduttivo è un fondamentale sostegno psicologico.

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