L’infertilità, definita come fallimento al concepimento di una coppia dopo almeno 12 mesi di rapporti regolari non protetti, colpisce circa il 15% delle coppie in età fertile. In circa il 30% dei casi si riconosce un fattore maschile. La definizione d’infertilità da fattore maschile di per sé non racchiude una sindrome clinica omogenea e ben definita, potendo sott’intendere un’eziologia pre-testicolare (mancata o ridotta produzione spermatica da inadeguata secrezione di gonadotropine), o  post-testicolare (da ostruzione delle vie di trasporto escretrici, da disturbi eiaculatori, da fattore immunologico o da alterata funzionalità nemaspermica). Ogni patologia si riflette in un’alterazione dei parametri seminali che può coinvolgere il numero e/o la qualità degli spermatozoi.

Negli ultimi anni numerosi studi hanno tentato di analizzare i possibili effetti di fattori ambientali e stili di vita sulla produzione spermatica e sulla fertilità maschile. Tuttavia, a causa dell’enorme variabilità  nella conta spermatica,  sia fra i diversi individui sia nello stesso soggetto, non è sempre possibile  evidenziare una relazione di causa- effetto con solida evidenza scientifica. Tra i fattori di rischio accertati vi è l’aumento della  temperatura scrotale. Quest’ultima, infatti, può aumentare il numero di atipie spermatiche e  ridurre il numero e/o la motilità degli spermatozoi presenti nell’eiaculato. Di conseguenza fattori ambientali e stili di vita che alterino la temperatura scrotale, potrebbero rappresentare fattori di rischio per una ridotta produzione spermatica.

Alcuni autori, poi, hanno riportato un aumento negli ultimi anni di diverse patologie del tratto riproduttivo maschile, tra cui criptorchidismo, ipospadia (malformazione congenita dovuta a un incompleto e anomalo sviluppo dell’uretra e del pene) e tumori del testicolo. Questo dato, unito ad un aumento delle alterazione nella spermatogenesi,  ha fatto ipotizzare che alcuni fattori comuni nel determinare tali patologie, possano  agire durante la vita fetale e neonatale come fattori predisponenti all’infertilità.

Alcune attività lavorative  possono incrementare il rischio d’infertilità per esposizione a radiazioni, sostanze tossiche o inquinanti ambientali. Per quanto riguarda pesticidi, inquinanti o altre sostanze chimiche, recenti studi hanno confermato che l’esposizione a tali sostanze contribuisce a ridurre i parametri seminali. Inoltre, il ruolo svolto da sostanze esogene ad attività ormonale sul tratto riproduttivo maschile porta a considerare il possibile effetto negativo dell’uso di ormoni a fini sportivi o di body-building. Per quanto riguarda il fumo di sigaretta, invece, questo si associa ad una più alta percentuale di spermatozoi con morfologia anormale.

Tra i fattori di rischio, vi è anche l’età avanzata, questa si associa ad una riduzione del volume dell’eiaculato e ad una riduzione della qualità degli spermatozoi prodotti, in termini di morfologia e  motilità, senza tuttavia alterarne la concentrazione. All’aumento dell’età, inoltre, si associa un incremento delle aneuploidie (ovvero un’alterazione del numero di cromosomi) e di mutazioni geniche, condizioni che a loro volta, possono essere responsabili di aborti ripetuti o dell’insorgenza di malattie genetiche nei nascituri.

Le infezioni del tratto riproduttivo, in fine, rappresentano un fattore di rischio importante, così come una storia di traumi testicolari, di torsione del funicolo spermatico o la presenza di malattie concomitanti, quali diabete melliteo, epatopatie, nefropatie, neuropatie, o pregressi interventi chirurgici a livello inguinale, vescicale o del tratto riproduttivo.

Nella valutazione del soggetto infertile, quindi, la presenza di tutti questi fattori andrà dettagliatamente indagata al fine di pianificare  un corretto e tempestivo  iter diagnostico e terapeutico.

Tratto da “Il percorso clinico – diagnostico della coppia infertile” Medicina della Riproduzione- Università di Padova-