Esiste un rischio maggiore di sviluppare un cancro per i bambini e i giovani adulti concepiti con tecniche di fecondazione assistita rispetto al resto della popolazione?

Uno studio olandese, il più ampio condotto finora sul tema e  pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Human Reproduction, si è posto questa domanda.

Sono stati valutati oltre 47.000 bambini, nati da donne con problemi di fertilità tra il 1980 e il 2001. Di questi, oltre 24.000 concepiti con tecniche di fecondazione assistita (gruppo 1), oltre 23.000 concepiti in maniera naturale oppure con l’aiuto della sola stimolazione ormonale senza tecniche di fecondazione assistita (gruppo 2). Tutti questi bambini sono stati seguiti per 21 anni. Il gruppo di controllo era rappresentato dalla popolazione generale di pari età: bambini concepiti in maniera naturale da madri che non avevano mai lamentato problemi di fertilità (gruppo 3).

Sono stati registrati 231 casi di cancro. L’incidenza complessiva del cancro nei bambini concepiti con tecniche di fecondazione assistita (gruppo 1) è risultata comparabile sia a quella dei bambini nati da madri con problemi di fertilità ma concepiti in maniera naturale o con sola stimolazione ormonale (gruppo 2) sia a quella della popolazione generale (gruppo 3).

I dati disponibili prima della pubblicazione di questo studio erano contrastanti. Alcuni studi sembravano indicare un lieve aumento del rischio di cancro nei bambini concepiti con tecniche di fecondazione assistita. Altri negavano questa ipotesi.

“Ancora oggi – afferma il Prof. Bilotta, direttore scientifico di Alma Res – una delle preoccupazioni maggiori delle coppie che accedono ai programmi di Procreazione Medicalmente Assistita è il possibile rischio di tumori derivante dai trattamenti ormonali cui si deve sottoporre la donna per la terapia di stimolazione follicolare. Questo studio, per l’ampiezza dei dati e l’affidabilità delle conclusioni, consente di rassicurare definitivamente le coppie e non di meno gli operatori del settore”.

«Per la prima volta è stato effettuato un confronto tra persone nate da donne con un basso tasso di fertilità, che nella maggior parte dei casi ha richiesto il ricorso a una metodica di procreazione medicalmente assistita. La loro difficoltà nel concepimento potrebbe essere un fattore di rischio per l’insorgenza di una malattia oncologica in un figlio o in una figlia». Spiega Flora Van Leeuwen, a capo del dipartimento di epidemiologia dell’Istituto Olandese per la Ricerca sul Cancro, che ha coordinato la ricerca condotta selezionando un ampio gruppo di donne seguite per il trattamento della fertilità nelle 12 cliniche specializzate sparse sul territorio nazionale.

La ricerca – che ha considerato anche altri fattori potenzialmente in grado di incidere sul risultato finale: come l’età materna, la causa di subfertilità, l’anno di nascita di ogni bambino, il numero di figli avuti – ha evidenziato un lieve aumento delle diagnosi di cancro (leucemia linfoblastica acuta e melanoma) nel gruppo dei nati a seguito di una fecondazione artificiale effettuata con l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (Icsi) o condotta attraverso il congelamento dell’embrione prima del trasferimento in utero. Ma il dato, alla luce del minimo scarto, è considerato dagli esperti non significativo e non permette di collegare l’accaduto alla metodica di concepimento.

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