DIAGNOSI

Anamnesi ed esame obiettivo

La prima tappa di valutazione della paziente con potenziali problematiche di fertilità implica l’ integrazione tra anamnesi, esame obiettivo ed ecografia pelvica al fine di individuare i possibili fattori di rischio quali:

– Età >35 anni
– BMI >30
– Poliabortività
– Infertilità da più di 3 anni
– Irregolarità mestruali
– PID
– Anamnesi familiare di POF
– Endometriosi III-IV stadio
– Fattori iatrogeni (chemio, radioterapia, endocrine disruptors etc.)

Alla fine di questo iter sarà possibile in linea di massima considerare due gruppi di pazienti:
– Pazienti senza fattori di rischio
– Pazienti con fattori di rischio

* Nel caso di assenza di fattori di rischio si proseguirà secondo un determinato iter diagnostico che vedremo più avanti.
* Nel caso di individuazione di fattori di rischio concretamente si programmeranno valutazioni più personalizzate sul fronte della funzionalità ovarica e/o sugli aspetti morfo-funzionali utero-tubarici.
Per quanto attiene la prima condizione (funzionalità ovarica) i dati anamnestici correlabili (irregolarità del ciclo, età, cause iatrogene, fattori metabolici, abortività ripetuta) si possono opportunamente integrare con l’esame obiettivo volto alla valutazione sia di condizioni generali (BMI in eccesso o in difetto; irsutismo-iperandrogenismo)sia di situazioni distrettuali (galattorrea, masse ovariche, patologie cervico-vaginali). È chiaro che l’ecografia contribuirà fortemente a delineare la presenza di quadri fisiopatologici attinenti l’ovaio (PCO, riserva ovarica ridotta, cfr. capitoli specifici) o di alterazioni anatomiche a carico delle gonadi.
Lo stesso procedimento si può applicare ad una valutazione sia del fattore uterino sia del fattore tubarico-pelvicoattraverso l’integrazione clinico-anamnestica ed ecografica.
Da tutto questo può emergere dunque una diversa priorità di una valutazione più squisitamente endocrina rispetto ad un iter diagnostico che privilegi l’approfondimento morfo-funzionale dell’apparato genitale interno.
Traducendo tutto ciò in quadri clinici cui si relazionano fattori di rischio differenti, si possono quindi ipotizzare i seguenti comportamenti clinici:
a. Laddove sia evidenziabile un concreto rischio di patologia utero-tubarica è consigliabile l’esecuzione della laparoscopia.
b. Nel caso di individuazione di rischio relazionabili con alterazioni della funzione ovarica si potrà procedere ad esami più approfonditi di tipo endocrino (riserva ovarica, diagnostica dell’ovulazione, funzionalità tiroidea, stato endocrino-metabolico) nonchè ad una valutazione utero-tubarica di primo livello.
c. In situazioni specifiche, quali oligomenorrea e poliabortività, si dovrà ricorrere alla integrazione con gli iter diagnostici specifici.
d. Situazioni particolari (cisti ovariche, fibromi) richiedono la integrazione con criteri di eleggibilità per intervento chirurgico anche in relazione alla condizione di sterilità coniugale.

Diagnosi di ovulazione

L’ovulazione è il processo in cui si ha il rilascio di un ovocita maturo con il suo cumulo ooforo, attraverso la rottura di un follicolo. Sono dunque indispensabili cambiamenti della parete follicolare, del volume del fluido follicolare e dell’ovocita. Questi sono successivi al rapido picco di LH, che, attraverso un feedback positivo, risponde agli elevati livelli di estradiolo prodotti dalle cellule della teca dei follicoli reclutati. In realtà, lo “scoppio” del follicolo si ha solitamente dalle 36 alle 38 ore dall’inizio del rialzo di LH, fenomeno che può essere determinato con la misurazione delle concentrazioni di LH nel sangue o nelle urine.
Queste considerazioni vengono utilizzate anche per il timing dell’inseminazione intrauterina o del trasferimento embrionario nelle Tecniche di Riproduzione Assistita (ART).
Dal punto di vista anamnestico, una irregolarità del ciclo mestruale suggerisce una disfunzione ovulatoria, mentre un ciclo mestruale regolare viene considerato capace anche di ovularietà normale, ma non è sempre così. È possibile infatti che mesi con ciclo regolare non siano ovulatori. Per tale motivo, se si vuole avere conferma di regolari ovulazioni può valere la pena procedere con un controllo, che dovrebbe essere fatto con tecniche semplici e poco costose.
Bisogna tuttavia sottolineare che nessun metodo di monitoraggio (biologico, endocrino o ecografico) della ovulazione può dare la certezza ma solo la presunzione dell’avvenutaovulazione. L’unica prova di ovulazione è rappresentata dall’instaurarsi di una gravidanza.
Storicamente le procedure più comuni e meno costose includono la registrazione della temperatura corporea basale e il test del muco cervicale.La metodica più affidabile è considerata la misurazione del progesterone plasmatico in fase medio-luteale. In realtà, dal momento che solo il 9% dei cicli mestruali regolari sono anovulatori, il dosaggio del progesterone plasmatico della fase medio luteale può essere superfluo nelle donne con cicli regolari, mentre può essere utile la sua determinazione per 1-2 mesi nelle pazienti con irregolarità mestruali. Se effettuato realmente 7 giorni prima della mestruazione attesa può essere considerato altamente indicativo di avvenuta ovulazione un dosaggio di progesterone plasmatico superiore a 10 ng/ml. Sarebbe da ripetere invece in cicli successivi qualora si ottengano valori minori di 10 ng/ml e soprattutto minori di 5 ng/ml.
Per quanto riguarda gli esami strumentali, una opzione è rappresentata dal monitoraggio follicolare ecografico, che rappresenta una tecnica non invasiva, capace di fornire informazioni in tempo reale relative all’ovulazione spontanea o eventualmente indotta. Mediante l’esame ultrasonografico, infatti, è possibile valutare le modificazioni cicliche endometriali, la crescita
follicolare e gli eventuali segni di avvenuta ovulazione, considerando i parametri relativi all’endometrio (spessore, ecogenicità) e all’ovaio (diametro medio follicolare e numero di follicoli). I segni ecografici di avvenuta ovulazione, invece, sono la scomparsa o la deiscenza del follicolo dominante, la presenza del corpo luteo, di un’eventuale falda fluida nel Douglas e il viraggio in senso secretivo (maggior ecogenicità) dell’ecopattern endometriale. Purtroppo però la presenza di un corpo luteo non può garantire l’avvenuto distacco del complessocumulo-corona-ovocita dalla parete del follicolo e la conclusione del processo di maturazione nucleare ovocitario (ovocita allo stadio di metafase II) che rende l’ovocita potenzialmente
fecondabile.
Il razionale del monitoraggio follicolare nei cicli spontanei è quello di verificare la presunta ovulazione e mirare i rapporti. Questo può soprattutto risultare utile in presenza di cicli non proprio regolari.
Nell’ambito dell’esperienza clinica su tale metodica venne identificato un quadro clinico su cui si è a lungo discusso: la LUF (Luteinized Unrupted Follicle Syndrome) o sindrome di luteinizzazione follicolare, caratterizzata dalla presenza di una luteinizzazione del follicolo senza fuoriuscita dell’ovocita, per cui a livelli di progesterone plasmatici non si associa il
meccanismo dell’ovulazione. Studi successivi hanno un po’ ridimensionato l’importanza della LUF, che sebbene sia relativamente frequente, solo in pochi casi rappresenta per la sua ripetitività un meccanismo causale di disturbo ovulatorio correlabile con la ridotta fertilità della donna.
Infine, solo in casi particolari può essere teoricamente utile ricorrere ad indagini particolari come il prelievo di un campione endometriale per l’esame istologico per rilevare le modificazioni secretorie post-ovulatorie. Tuttavia, poiché mancano sia criteri standard nell’identificazione dei quadri istologici sia accordo nella loro interpretazione, è difficile assegnare un reale significato a questa procedura fra l’altro invasiva.

Riserva ovarica

Markers di riserva ovarica: ormone follicolo-stimolante (FSH) ed estradiolo (E2)
A partire dai 35-40 anni di età solitamente si assiste ad una progressiva elevazione dei livelli basali di FSH, determinato in fase follicolare precoce. L’incremento di FSH è un indicatore indiretto di riduzione della riserva ovarica a seguito della riduzione del feedback negativo esercitato da inibina B ed estradiolo sull’ipofisi. Sebbene il dosaggio di FSH interza giornata del ciclo sia spesso usato come marker di riserva ovarica, è doveroso precisare che è un parametro poco accurato per predire una cattiva prognosi riproduttiva e un’eventuale risposta poor alla stimolazione ovarica
controllata. Un altro problema relativo alla misurazione dell’FSH è dato dalla sua ampia variabilità intra ed interciclica: le variazioni di FSH tra una fase follicolare e l’altra possono essere anche maggiori del 50% riducendo quindi
inevitabilmente la performance predittiva globale di questo marker.
Anche l’ estradiolo basale mostra una bassa accuratezza predittiva a causa della mancanza di un cut-off con alta sensibilità e specificità, per cui questo marker mostra una scarsa utilità prognostica nelle pazienti che si sottopongono a cicli di fecondazione medicalmente assistita.
FSH ed E2 devono di necessità esser valutati insieme e contemporaneamente, in fase follicolare precoce, per aumentare la sensibilità nell’individuare le donne con bassa riserva ovarica stante la frequenza dell’ osservazione di valori di FSH normali ma solo grazie al feedback negativo esercitato da alti valori di E2.

Markers di riserva ovarica: ormone anti-mulleriano (AMH)

L’ormone anti-mulleriano (AMH) è una glicoproteina dimerica prodotta dalle cellule della granulosa dei follicoli preantrali ed antrali. Rispetto agli altri biomarkers risulta essere molto stabile con minima variabilità intra e interciclica, inoltre non necessita di una specifica temporizzazione per il suo dosaggio. L’AMH risulta appena dosabile alla nascita, raggiunge i livelli più alti verso i 25 anni e successivamente si riduce progressivamente con l’aumentare dell’età fino a divenire indosabile in menopausa. L’AMH è l’unico marker di riserva ovarica che dimostra avere un declino longitudinale in tutte le classi di età compreso nelle pazienti più giovani; in tale studio infatti si evidenzia che anche FSH e inibina B mostrano modificazioni significative nel tempo, ma questo trend risulta essere evidente solo nelle pazienti over 40.
Attualmente l’AMH è considerato un ottimo indicatore della riserva ovarica e di conseguenza della potenziale fertilità.
Molti studi in letteratura hanno dimostrato l’ affidabilità dell’AMH nel predire la risposta quantitativa alla stimolazione ovarica nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita.Il suo valore va ovviamente valutato alla luce dell’
età della paziente. E’ fondamentale ricordare che l’AMH, così come gli altri test di riserva ovarica, non riesca a predire la qualità ovocitaria. Per questa ragione è importante informare la donna che di fronte a valori di ormone antimulleriano ridotti è possibile comunque riuscire a concepire spontaneamente o mediante tecniche di fecondazione medicalmente assistita, ma che le chances di successo sono ridotte rispetto ad una donna della stessa età con valori di AMH normali.
L’ utilizzo dell’ AMH è stato proposto anche nella predizione dell’ età di insorgenza della menopausa anche se da solo sembra essere abbastanza impreciso soprattutto nelle donne di età maggiore di 40 aa.

Markers di riserva ovarica: conta follicolare antrale (AFC)

E’ un’indagine ecografica transvaginale, molto semplice da eseguire, poco costosa e ripetibile, che rappresenta comunque un buon indicatore per la valutazione della riserva ovarica. Esistono però delle evidenze relative al fatto
che tale indice di riserva ovarica è gravato da una certa dipendenza dall’operatore e dalla frequenza della sonda ecografica utilizzata. L’indagine deve essere eseguita nei primi giorni del ciclo mestruale (dal 2° al 4° giorno), quando è possibile osservare i piccoli follicoli antrali aventi un diametro maggiore compreso fra 2 e 10 mm in ogni ovaio. La conta follicolare antrale, mediante l’ecografia classica transvaginale in 2D, secondo la maggior parte degli studi avrebbe la stessa affidabilità diagnostica dell’ormone antimulleriano. Esiste la possibilità di effettuare l’indagine
ecografica mediante ecografia 3D: i risultati ottenuti con questa metodica appaiono meno operatore-dipendente e quindi più riproducibili e obiettivi. Inoltre, l’ecografia 3D consente di ottenere informazioni anche sul volume ovarico e sulla vascolarizzazione ovarica, parametri che, assieme all’AFC possono quantificare la riserva ovarica.
Esiste una correlazione tra età ed AFC; con l’avanzare dell’età infatti si assiste ad un progressivo declino della conta follicolare antrale. Oltre che per la quantificazione della riserva ovarica per il counselling della paziente infertile, l’AFC viene usato nella pratica clinica in fecondazione medicalmente assistita per predire la risposta della paziente alla stimolazione ormonale con gonadotropine. Livelli alti o ridotti di AFC si associano infatti ad iper o ipo-risposta all’induzione della crescita follicolare multipla.

Considerazioni cliniche e pratiche

Conoscere la riserva ovarica di una donna è un dato essenziale perché:
1) Consente di capire se la paziente ha un normale patrimonio follicolare
2) Consente di suggerire;
– un anticipo della pianificazione familiare
– un timing di intervento per le tecniche di fecondazione assistita
– la tecnica di fecondazione assistita preferenziale (inseminazione semplice vs fecondazione in vitro)
3) Consente di individuare un idoneo protocollo terapeutico per l’induzione della crescita follicolare multipla alfine di ottimizzare la risposta ovarica
Quando si parla di ricerca di gravidanza, sensibilizzare le donne sul fattore età e sulla riserva ovarica è molto importante per suggerire alla donna di anticipare il proprio piano riproduttivo e perché consente di minimizzare il
tempo che intercorre tra la diagnosi di infertilità e l’accesso alla tecnica di fecondazione assistita più idonea alla situazione clinica. A tale scopo è auspicabile non solo l’intervento dello specialista della riproduzione, ma anche del medico di medicina generale, il quale potrebbe suggerire alla donna una tempestiva stima del proprio patrimonio follicolare. Infatti il dosaggio dell’ormone anti-mulleriano nella paziente 25enne potrebbe individuare precocemente una situazione di compromissione della riserva ovarica in un momento nel quale però la qualità degli ovociti è ancora
conservata. Infine è altresì fondamentale l’intervento del Ginecologo di fiducia della donna il quale, oltre ad indagare sulla presenza anamnestica di casi di esaurimento ovarico precoce ( POI o POF ), nel corso della routinaria ecografia pelvica transvaginale, dovrebbe porre attenzione alla conta follicolare antrale, in modo da intercettare per tempo lepazienti con ridotta riserva ovarica al fine di indirizzarle precocemente allo specialista in Medicina della Riproduzione.
Sarà poi compito del Medico della Riproduzione fornire un adeguato counselling alla donna: se la paziente sta cercando una gravidanza, sarà in grado di indirizzarla subito verso il percorso di fecondazione medicalmente assistita più adatto alla situazione clinica, mentre alla giovane donna con iniziale compromissione della riserva ovarica che non stia, in quel momento, cercando gravidanza potrà essere prospettata l’opzione di crioconservare parte del proprio patrimonio follicolare mediante vitrificazione degli ovociti. Con l’utilizzo di tale tecnica, oramai non più sperimentale, sarà infatti
possibile congelare ovociti di buona qualità che potranno essere successivamente utilizzati in un secondo momento qualora si instaurassero problematiche di infertilità.

POSSIBILI CAUSE

Fattore utero-tubarico

Studio della pervietà tubarica

L’accurata valutazione della pervietà tubarica è uno step importante dell’infertilità in quanto modifica l’iter terapeutico.
Il fattore tubarico, infatti, incide per il 15-30% come causa di infertilità femminile essendo legato a:
– Malattia infiammatoria pelvica
– Endometriosi
– Chirurgia pelvica
– Appendicite
– Gravidanza ectopica
Conseguentemente è mandatorio un test rapido e ben tollerato per assegnare la paziente al trattamento adeguato in stadio precoce.
Gli esami disponibili per la valutazione della pervietà tubarica sono rappresentati da:
– Laparoscopia diagnostica con dye test (cromoscopia o cromoperturbazione)
– Isterosalpingografia (HSG)
– Sonoisterosalpingografia (SIS)
La laparoscopia con dye test rappresenta l’esame gold standard per la valutazione della pervietà tubarica consentendolo studio di tutta la pelvi e il contemporaneo trattamento di eventuali comorbidità.
L’isterosalpingografia a raggi X è stata tradizionalmente ampiamente utilizzata nella paziente infertile. È un test sufficientemente accurato per l’individuazione della patologia tubarica prossimale, è sicuro, economico,
ambulatoriale. Fornisce una buona delineazione della salpinge evidenziando pervietà e occlusione.
La sonoisterosalpingografia (SIS o Sono-HSG), tecnica basata sull’utilizzo degli ultrasuoni, è stata proposta come alternativa all’utilizzo della HSG nella valutazione della pervietà tubarica nell’iniziale iter diagnostico della coppia
infertile. Sia HSG, sia Sono-HSG sono entrambi ben tollerati, rapidi, senza necessità di ospedalizzazione, ma quest’ultima presenta l’ulteriore vantaggio di non utilizzare radiazioni ionizzanti, di evitare il rischio di reazioni
allergiche allo iodio, ma soprattutto permette la contemporanea valutazione della cavità uterina, delle ovaie e del miometrio.
La tecnica prevede la diretta iniezione di soluzione salina a livello tubarico dalla cavità uterina, fluido che rappresenta il mezzo per contrastare le tube pervie. L’esame viene eseguito sterilmente, tramite l’ausilio di un catetere a palloncino disteso con 1-2 ml di soluzione fisiologica all’interno dell’orifizio uterino interno, che impedisca il reflusso di liquido all’esterno. Estratto lo speculum, viene posizionata la sonda transvaginale e iniettato lentamente il liquido di contrasto.
La fuoriuscita di soluzione dalle fimbrie è vista come un flusso fluido a circondare le ovaie o indirettamente come falda di versamento nella pelvi.
Diverse modifiche sono state introdotte al fine di migliorare l’accuratezza della valutazione ecografica:
– Utilizzo del doppler e color doppler
– Utilizzo di soluzione salina mista ad aria
– Utilizzo di mezzi di contrasto iperecogeni (HyCoSy) o gel (HyFoSy)
– Utilizzo della tecnica 3D
L’utilizzo del doppler può potenziare la visualizzazione del fluido dalle tube alla pelvi, superando il limite della distinzione di ecogenicità rispetto all’intestino e aumentandone l’accuratezza
L’utilizzo di aria mista a soluzione salina consente la formazione di micro bolle che rendono iperecogeno il mezzo di contrasto consentendo la migliore definizione del lume tubarico. Ciò può essere eseguito agitando aria nella salina o iniettandola dopo la stessa. Tuttavia la prima limitazione è data dal fatto di essere una tecnica operatore dipendente, risultando accurata solo se eseguita da ecografisti esperti. Inoltre In presenza di tube occluse può comunque essere difficoltoso distinguere la tuba dal movimento d’aria intestinale e comunque seguire la tuba in tutto il suo decorso considerando che peraltro le micro bolle perdurano per un intervallo di tempo molto limitato.
Infine diversi studi dimostrano che l’applicazione 3D possa aumentare l’accuratezza della metodica anche in mani meno esperte con valori di sensibilità e specificità rispettivamente dall’84 al 100% e dal 67 al 100%. L’acquisizione 3D consente un minor utilizzo di contrasto, la più agevole valutazione della pervietà tubarica e una migliore tollerabilità.
La sezione coronale della cavità fornisce la visualizzazione delle tube lateralmente e la possibilità di ruotare il volume consente di seguire la tuba nello spazio facilitando il riscontro della patologia (idrosalpinge, ascessi..).
In conclusione la sono-HSG è un test accurato per la diagnosi di occlusione tubarica con performance non differenti da HSG, ben tollerato, rapido, economico e ambulatoriale. Presenta inoltre il vantaggio di evitare rischio di reazioni allergiche ed esposizione a radiazioni ionizzanti e di fornire ulteriori informazioni sulla cavità uterina, il miometrio, le ovaie.
Sulla base di tali evidenze per lo studio della pervietà tubarica è proponibile quanto segue:
– Sonoisterosalpingografia, nelle donne senza comorbidità (malattia infiammatoria pelvica, endometriosi, precedenti gravidanze ectopiche , idrosalpinge)
– Isterosalpingografia, nelle donne senza comorbidità ove non vi siano le competenze ecografiche adeguate
– Laparoscopia con dye test ove si pensi vi siano le comorbidità suddette al fine di valutare (e trattare) le eventuali altre patologie pelviche nel medesimo tempo.

Studio del fattore uterino

La cavità uterina, l’endometrio, ma anche il miometrio sono fattori determinanti per l’impianto dell’embrione ed una normale placentazione. Pertanto lo studio della cosiddetta “capacità uterina” riveste un ruolo sia durante l’iniziale valutazione diagnostica della coppia infertile sia quando una procedura di procreazione medicalmente assistita (PMA)sia stata programmata.
Infatti lesioni intrauterine si sono dimostrate più comuni nelle donne infertili compromettendo il concepimento spontaneo così come riducendo la percentuale di successo nella riproduzione assistita. L’incidenza di patologia
intrauterina nelle donne prima del primo ciclo di PMA varia dall’11 al 22%, nelle donne con fallimenti ripetuti aumenta al 26-45%.
L’ecografia pelvica transvaginale fa parte degli esami di primo livello nell’approccio alla paziente, ma l’isteroscopia è comunemente considerata il gold standard per lo studio della cavità uterina e delle sue patologie, consentendone il trattamento. Tecniche attualmente definite alternative o secondarie sono rappresentate da ecografia pelvica 3D, Isterosalpingografia, sonoisterografia. Comunque l’utilizzo dell’isteroscopia come procedura di routine nell’infertilità è  ancora dibattuto poiché non vi è un consensus sulla sua efficacia/efficienza nell’incrementare la prognosi delle pazienti infertili. Il National Institute for Health and Clinical Excellence per tale motivo stabilisce che l’isteroscopia non dovrebbe essere offerta se non clinicamente indicata e nella stessa direzione sono le raccomandazioni dell’ESHRE (European Society Human Reproduction and Embriology) ) e di ASRM (American SocietyOf Reproductive Medicine 2012 ).
Una riflessione concerne tuttavia il fatto che vi è una crescente attenzione al “time to pregnancy”, definito come concetto essenziale nella riproduzione umana. Il fenomeno sociale di incremento dell’età materna al momento della
ricerca di gravidanza è un aspetto cruciale nel work up dell’infertilità introducendo il concetto dell’approccio personalizzato al paziente. In altre parole vi è un interesse crescente e una rilevanza clinica nell’accorciare il tempo alla gravidanza migliorando ogni dettaglio che possa migliorare la prognosi e il successo delle procedure. Come risultato la comunità scientifica ha rivalutato il ruolo dell’isteroscopia nella diagnosi e nel trattamento delle patologie intrauterine.
I dati presenti in letteratura evidenziano che:
– L’isteroscopia presenta una sensibilità prossima al 100% nella diagnosi delle anomalie uterine, costituendo l’esame gold standard nello studio di cavità
– L’isterosalpingografia (HSG) ha una bassa sensibilità con tassi di falsi negativi del 78% e concordanza con isteroscopia di solo 68%.
– L’ecografia trasvaginale 2D presenta sensibilità e specificità inferiori rispetto a isteroscopia
– La sonoisterografia (SIS) è una tecnica mini invasiva, cost-effective e ben tollerata nella diagnostica della patologia uterina e nella valutazione della pervietà tubarica.
La polipectomia isteroscopica risulta vantaggiosa nel migliorare l’outcome portando ad un 29% di concepimento spontaneo vs 3% dei controlli.
La miomectomia dei fibromi sotto mucosi raddoppia la pregnancy rate spontanea.
Riguardo a quest’ultimo punto, Il ruolo della fibromatosi sulla fertilità e pertanto il ruolo della miomectomia sugli outcome riproduttivi meriterebbero un capitolo a sé stante. Sinteticamente è dimostrato che i fibromi sottosierosi
non impattano sulla fertilità, al contrario dei fibromi sottomucosi la cui rimozione aumenta la pregnancy rate. È maggiormente dibattuto l’effetto dei fibromi intramurali che intuitivamente può essere legato al numero, dimensione e prossimità alla cavità e per la cui rimozione vanno considerati attentamente i rischi chirurgici soprattutto in termini di complicanze ostetriche.
In conclusione le evidenze della letteratura riguardo a isteroscopia e infertilità sono:
– Nelle pazienti infertili è elevata la prevalenza di patologie intracavitarie (polipi, miomi, aderenze, malformazioni congenite) ed in particolare nelle pazienti con fallimenti di impianto ripetuti
– Non vi sono evidenze circa il ruolo dell’isteroscopia nella valutazione di base delle coppie infertili
– L’isteroscopia può aumentare la pregnancy rate nelle pazienti in programma per primo ciclo e soprattutto nelle pazienti con ripetuti fallimenti di impianto
– Il trattamento dei miomi sottomucosi aumenta la pregnancy rate spontanea
– La polipectomia isteroscopica ha un ruolo nell’aumentare la fertilità spontanea e la pregnancy rate prima diPMA, ma i dati sono insufficienti per trarre delle evidenze scientifiche. Dibattuto è il management dei nuovi
polipi riscontrati durante la stimolazione
– Non vi sono dati sufficienti per il trattamento del setto uterino.
Pertanto nel percorso diagnostico della coppia infertile considerando le indicazioni delle maggiori società scientifiche:
– Nelle pazienti infertili lo studio della cavità e della morfologia uterina rappresenta uno step necessario da eseguire mediante gli esami di screening disponibili (ecografia, SIS) o preferibilmente, laddove possibile oindicato mediante l’utilizzo di ecografia 3D che presenta un maggiore grado di concordanza con isteroscopia.
– Nelle pazienti candidate a PMA in particolar modo nelle pazienti con ripetuti fallimenti di impianto è possibileproporre in prima battuta l’isteroscopia diagnostica dato l’elevato numero di patologie riscontrate e il beneficio teorico a priori rappresentato dalla tecnica stessa.

Fattori di rischio

Stile di vita e fertilità femminile

La fertilità declina con l’età in entrambi i sessi, ma il calo è molto più rapido e determinante nella donna.
La possibilità di concepimento nella donna è massima tra i 20 e i 25 anni. Le possibilità di gravidanza declinano progressivamente negli anni successivi. Dopo i 35 anni inizia il calo, dopo i 40 anni la probabilità è estremamente ridotta e a 45 anni è virtualmente esaurita.
Ciò è legato sia al progressivo esaurimento della quantità di ovociti contenuti all’interno dell’ovaio (riserva ovarica),sia al progressivo deterioramento dell’integrità cromosomica e strutturale degli stessi.
Le tecniche di riproduzione assistita (ART) sono in grado di recuperare solo in piccola parte il potenziale perso a causa dell’età.
L’età non è un fattore di rischio modificabile, ma un’informazione precoce e completa sulla relazione tra invecchiamento ovarico e possibilità di gravidanza permetterebbe alle donne una maggiore consapevolezza
nell’orientare le proprie scelte di vita.
L’età sempre più avanzata alla quale le donne iniziano a desiderare una gravidanza ha progressivamente aumentato la finestra temporale nella quale numerosi fattori legati allo stile di vita possono esercitare la propria influenza
sull’apparato riproduttivo, sui gameti, sullo stato di salute generale.
Di seguito saranno trattati alcuni dei fattori di rischio riproduttivo legati allo stile di vita. Tali fattori sono spesso modificabili ed è quindi possibile adottare comportamenti preventivi in grado di limitare i danni sul potenziale
riproduttivo.

Restrizioni dietetiche ed eccessivo esercizio fisico

La funzione riproduttiva ed il metabolismo sono strettamente connessi. In generale un’alimentazione subottimale si associa ad una riduzione della frequenza delle ovulazioni, fino all’amenorrea, un ipoestrogenismo relativo o assoluto, un ridotto sviluppo endometriale. Allo stesso modo, l’eccessivo esercizio fisico si associa ad alterazioni della secrezione di gonadotropine e a disturbi ovulatori, con o senza la presenza di amenorrea.
Il peso corporeo è un indice approssimativo dello stato nutrizionale e dell’assetto metabolico ma, insieme con il BodyMass Index (BMI: altezza in metri/peso in Kg2), rappresenta una variabile estremamente facile da rilevare.Il peso corporeo in età adolescenziale, momento in cui l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio raggiunge la maturità funzionale, è cruciale. Studi epidemiologici hanno dimostrato che essere sottopeso (BMI inferiore a 18,5) all’età di 18 anni comporta un prolungamento del 25% nel tempo di ricerca di gravidanza rispetto alle coetanee normo peso. Un caso estremo, ancorchè poco frequente, è dato dai disturbi dell’alimentazione come l’anoressia nervosa. Questi disturbi sono significativamente più frequenti fra le donne che soffrono di subfertilità.
Una moderata e controllata attività fisica è associata ad un lieve aumento della fertilità. Tuttavia, l’esercizio fisico può essere associato ad un calo della fertilità, quando agisce come cofattore causale di un basso peso corporeo.
L’eccessivo esercizio fisico è associato per se ad una riduzione della fertilità. Esiste una correlazione positiva tra intensa attività fisica ed il prolungamento del tempo di ricerca di gravidanza. Un’attività cardiovascolare intensa
ripetuta per più di 4 ore alla settimana per periodi che vanno da 1 a 9 anni è stata associata ad una riduzione del 40%del successo di una fecondazione assistita.

Eccesso Ponderale

Il sovrappeso (definito come un BMI superiore a 25) e l’obesità (definita da un BMI > 30) sono correlati sia ad una riduzione della fertilità spontanea, sia ad un minore successo dei trattamenti di ART. L’obesità si associa adiperinsulinemia, ad un’alterazione delle citochine, deponente per uno stato di infiammazione cronica, ed all’aumento di numerosi fattori di crescita. Le conseguenze negative di un tale assetto biochimico si riflettono sia sul numero di ovulazioni, in particolare in associazione alla Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), sia sulla qualità degli ovociti, non correlata alle aneuploidie, e degli embrioni, sia sulla recettività dell’endometrio . Studi di coorte hanno dimostrato che per ogni aumento di 5 Kg dall’età di 18 anni si verifica un aumento del 5% del tempo medio di ricerca di prole. A questo va aggiunta l’aumentata incidenza di abortività spontanea e di complicanze ostetriche.
La maggior parte degli studi pubblicati depone per un effetto positivo del calo ponderale sulla fertilità in vivo e dopo l’applicazione di ART. Una volta instaurato lo stato di obesità, il calo ponderale è ovviamente auspicabile, ma la misura della reale efficacia è al momento ancora da verificare. Il problema è di non poca rilevanza, considerando chenel 2010 circa l’11% degli adulti italiani erano obesi, con un rapporto a sfavore delle donne di 5/1.
Al contrario, nelle donne con la PCOS l’impatto del sovrappeso e dell’obesità è più caratterizzato. In queste donne l’eccesso ponderale si associa costantemente ad iperinsulinemia e la correlazione con anovularietà, complicanze ostetriche come diabete gestazionale, ipertensione indotta dalla gravidanza e ipertensione gravidica è provata. In
questo gruppo di pazienti un programma di intervento dietetico associato ad esercizio fisico è in grado di ottenere un miglioramento significativo dell’outcome riproduttivo dopo ART .

Fattori psicologici

Lo stress, fisico, sociale o puramente psicologico, rappresenta un disturbo in netta crescita nei paesi occidentali. La sterilità di per sé ingenera stress in relazione alle pressioni familiari, alle procedure diagnostiche, ai trattamenti, ai
fallimenti, ai desideri frustrati nonché al carico economico a cui si associa.
Disturbi correlati allo stress psicologico, quali stati d’ansia o depressione, interessano circa un terzo delle donne infertili. Ricevere istruzioni riguardanti le modalità con cui gestire efficacemente le conseguenze psicologiche o semplicemente trovare un supporto da parte dell’equipe sanitaria può fare la differenza per donne che si sottopongano a trattamenti per l’infertilità. E’ stato infatti dimostrato come il tasso di gravidanza sia più alto in donne inserite in gruppi di intervento cognitivo-comportamentale o anche semplicemente in gruppi di supporto rispetto a donne che non ricevano alcun tipo di intervento psicologico. Le donne che ricevono supporto e counselling vanno incontro ad una riduzione dei loro livelli di ansia e depressione, e incrementano le loro possibilità di ottenere una gravidanza e di portarla a termine .

Fumo di sigaretta

E’ ben noto come il fumo di sigaretta eserciti un impatto negativo sulla fertilità. Sebbene i meccanismi attraverso cui tale effetto viene prodotto siano ancora oggi oggetto di studio, è unanimemente riconosciuta la necessità di indirizzare i pazienti in età fertile verso la cessazione di tale abitudine.
Le donne fumatrici presentano un rischio maggiore di essere inferitili e un aumento del rischio di prolungamento oltre i 12 mesi del tempo necessario ad ottenere una gravidanza. Inoltre il fumo di sigaretta è associato a tassi di successo della fecondazione in vitro più bassi e ad un esordio più precoce della menopausa.
Nonostante alcuni aspetti rimangano controversi, gli studi attualmente disponibili hanno dimostrato come il fumo di sigaretta abbia effetti deleteri su tutte le fasi delle procedure di fecondazione in vitro: risposta ovarica, numero di ovociti recuperati, tasso di fecondazione e di impianto.
Il fumo di sigaretta è associato ad un rischio di anticipazione della menopausa di circa 2 anni. Livelli di FSH più elevati sono riportati nelle fumatrici. Inoltre la riserva ovarica valutata mediante AMH risulta ridotta nelle fumatrici rispetto alle non fumatrici. Alcuni dei meccanismi coinvolti nella riduzione del patrimonio follicolare sono l’aumento dello stress ossidativo, l’aumento della apoptosi cellulare ed anomalie nucleari dell’ovocita.
Tra i composti contenuti nel fumo di sigaretta, alcuni esercitano l’attività di interferenti endocrini. Le fumatrici presentano un anormale profilo endocrino caratterizzato da più alti livelli di testosterone, incremento dei livelli diFSH e riduzione dei livelli di estradiolo durante la stimolazione ovarica in IVF. Il fumo di sigaretta è quindi in grado di interferire con la steroidogenesi ovarica, riducendo la sintesi di estradiolo e di progesterone.
L’ipotesi che anche le salpingi possano essere un bersaglio del fumo di sigaretta è emersa dall’osservazione di un aumento del tasso di gravidanze ectopiche nelle pazienti fumatrici. Tale rischio sembra essere direttamente
proporzionale al numero di sigarette fumate. A conferma di tale ipotesi, studi in vitro in modelli animali e susalpingi umane suggeriscono che il fumo possa avere conseguenze negative sulla funzione tubarica a diversi livelli:
alcuni componenti contenuti nel fumo di sigaretta hanno effetti tossici sulla quantità e qualità delle cellule ciliate, sullamotilità tubarica e sull’interazione tra le fimbrie e la superficie ovarica. Per quanto smettere di fumare risulti
vantaggioso per la funzione delle tube, alcune evidenze suggeriscono la possibilità di lesioni croniche irreversibili delle salpingi.
Le donne fumatrici presentano inoltre alterazioni dei meccanismi d’impianto dell’embrione: alcuni studi sui tassi di successo dell’IVF hanno riportato percentuali di impianto più basse nelle fumatrici rispetto alle non fumatrici, anche sei risultati sono controversi. Per quanto il fumo sia probabilmente in grado di esercitare effetti negativi sull’embrione a livello cromosomico, si stanno accumulando evidenze in favore di un’influenza diretta anche sull’endometrio.
In conclusione, l’esposizione al fumo di sigaretta danneggia la funzione riproduttiva a diversi livelli: follicologenesi, steroidogenesi, prime fasi di sviluppo embrionario, funzione tubarica, microambiente endometriale ed impianto.
Tuttavia, dal momento che la maggior parte degli effetti dannosi sulla fertilità appare reversibile entro 1 anno, un accurato counselling e l’indicazione alla cessazione dall’abitudine al fumo risultano auspicabili in tutti gli individui in età riproduttiva, ed in particolare nelle coppie infertili.

Alcool

Ci sono molti studi che hanno messo in relazione l’assunzione di alcool e la riduzione della fertilità. E’ stato dimostrato come le donne che assumono grandi quantità di alcool abbiano un rischio maggiore di sottoporsi ad accertamenti per sterilità rispetto a quelle che ne assumono quantità moderate Il confronto tra i diversi studi su tale argomento così come l’identificazione di una eventuale relazione dose/effetto sono ostacolati dalla mancanza in letteratura di una reale standardizzazione delle quantità di alcool ingerite.

Droghe

Gli studi sugli effetti delle sostanze ad uso voluttuario sulla fertilità umana sono scarsi, a causa di ostacoli di carattere etico, omissioni da parte delle pazienti e bias legati alle caratteristiche della popolazione, quali, ad esempio, il basso livello socioeconomico.
La marijuana, una delle droghe più comunemente usate nel mondo, sembra agire negativamente sulla funzione riproduttiva sia a livello centrale che periferico attraverso i cannabinoidi in essa contenuti. Le donne che fanno uso di marijuana presentano un rischio di sterilità primaria aumentato rispetto alla popolazione generale
Un’altra droga comunemente usata è la cocaina, uno stimolante del sistema nervoso centrale e periferico che causa effetti vasocostrittivi e anestetici. Il meccanismo di azione si basa sull’inibizione del re-uptake dei neurotrasmettitori, andando ad influenzare l’umore ed il comportamento.
Gli oppiacei comprendono un altro gruppo di droghe illegali. Sostanze come il metadone e l’eroina causano sedazione e riducono la percezione del dolore influenzando diversi neuro trasmettitori. Fatta eccezione per alcune evidenze
sull’aumentato rischio di distacco di placenta, non esistono studi sulle conseguenze dell’assunzione di tali sostanze sulla fertilità femminile.

Lavoro e Hobby

Lo stress fisico è implicato in una riduzione della fertilità. Studi di popolazione hanno dimostrato che la ricerca di un figlio è significativamente più lunga in donne che lavorano per più di 32-40 ore alla settimana rispetto a donne che
lavorano per meno ore. Il meccanismo patogenetico potrebbe risiedere nel livello di stress, in grado di alterare la funzione endocrina dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio.
Il tipo di lavoro od hobby può esporre l’organismo ad aumentate concentrazioni di inquinanti ambientali oggi riconosciuti come possibili limitanti della fertilità. Sono in particolare implicati i cosiddetti interferenti endocrini, in grado di modulare l’attività degli ormoni riproduttivi, in maniera non dose dipendente e varia da individuo a individuo.

Contraccezione

La preservazione della salute riproduttiva implica anche un corretto e precoce ricorso alla contraccezione. Le utilizzatrici di condom e/o contraccettivi orali hanno un time-to-pregnancy più breve delle non utilizzatrici.
Per quanto riguarda i metodi di barriera, come il condom, il vantaggio consiste nella prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, alcune delle quali sono in grado di compromettere l’anatomia e la funzionalità delle tube, inducendo sterilità. La patologia infettiva più frequente e temibile è data dall’infezione pelvica (PID) da ChlamydiaTrachomatis. I fattori di rischio associati alla PID sono la presenza di multipli partners, l’età giovane, l’abitudine al fumo di sigaretta e l’utilizzo di droghe non legali.
I benefici non contraccettivi degli estroprogestinici sono stati ampiamente provati.
I contraccettivi orali (CO), riducendo il numero di cicli ovulatori (mai stati così numerosi, data la forte riduzione del numero di gravidanze/donna negli ultimi decenni), e riducendo la quantità di flusso mestruale (in particolare se assunti
in regimi estesi, con riduzione degli intervalli pill-free), svolgono un’azione protettiva nei confronti della malattia endometriosica, spesso causa di infertilità, sia per l’effetto negativo sulla riserva ovarica, sia per l’effetto
destruente sulle tube, sia per un putativo effetto negativo sulla recettività endometriale.
Le utilizzatrice di CO sono inoltre a minor rischio di iperplasia e poliposi dell’endometrio, nonchè di sviluppo di cisti ovariche disfunzionali, condizioni anch’esse correlate ad ipofertilità.
L’uso di CO è inoltre correlato ad una riduzione dell’incidenza di cancro endometriale, cancro ovarico e cancro colorettale.
Nonostante i provati benefici l’utilizzo dei CO è condizionato dalla diffusione di informazioni non corrette sugli effetti collaterali e le potenziali conseguenze a lungo termine. E’ necessaria una estesa opera di informazione per correggere alcuni pregiudizi che implicano falsamente una riduzione della fertilità con l’uso di contraccezione ormonale.

Timing e frequenza dei rapporti sessuali

Sono diffuse informazioni, non sempre corrette, riguardo al momento migliore per i rapporti, alla frequenza degli stessi. In generale una frequenza coitale a giorni alterni non offre significativi vantaggi su una frequenza quotidiana.
Se la frequenza è limitata ad un rapporto alla settimana la probabilità di concepimento si riduce significativamente. La sincronizzazione dei rapporti in base al momento dell’ovulazione è associata ad un aumento dello stress e non offre particolari vantaggi in donne che hanno cicli mestruali regolari. Le coppie dovrebbero essere informate del fatto che la probabilità di gravidanza aumenta con la frequenza dei rapporti (essendo massima per rapporti a giorni alterni),ma che la frequenza dei rapporti dovrebbe essere decisa in base alle loro attitudini e preferenze, onde evitare un aumento del livello di di stress.

Endometriosi

Definizione

L’endometriosi è una malattia benigna estrogeno-dipendente ad andamento cronico, che si caratterizza per la presenza di impianti di stroma e ghiandole endometriali in sede extrauterina. Tali impianti scatenano un’infiammazione cronica reattiva fino a manifestarsi come cisti ovariche, esiti cicatriziali e aderenze pelviche che possono alterare l’anatomia pelvica della donna.
Le lesioni endometriosi che possono riguardare diversi siti incluso il peritoneo pelvico e le ovaie oppure possono infiltrare diverse strutture al di sotto del peritoneo in forma di endometriosi profonda infiltrante.
L’endometriosi può essere associata a sintomatologia dolorosa, infertilità e a diversi altri sintomi(tenesmo, dischezia, ematochezia, stipsi o diarrea, disuria, pollachiuria, ematuria microomacroscopica, dolenzia e senso di peso lombo-sacrale e/o agli arti inferiori, nausea, letargia, affaticamento cronico, ecc.). Il 3-45% delle pazienti non presenta sintomatologia.
L’iter diagnostico e il successivo management, in una malattia cronica, non trattabile come l’endometriosi, deve essere personalizzato e non prescindere dallo studio e trattamento della sintomatologia che può coesistere nelle donne infertili con endometriosi.

Epidemiologia

I dati epidemiologici disponibili in letteratura, stimano che il 6-10% della popolazione generale femminile soffra di endometriosi. Nelle donne infertili la prevalenza è stimata tra il 25% ed il 30%mentre il 30-50% delle pazienti con endometriosi è infertile. E’ stato riportato un tasso di fecondità mensile per le pazienti con endometriosi tra il 2 ed il 10%, considerevolmente inferiore a quello della popolazione generale stimato essere tra il 15 e il 20%.

Patofisiologia dell’infertilità

La correlazione tra endometriosi ed infertilità è tuttora controversa. Sicuramente la stadiazione più utilizzata, quella dell’American Fertility Society (AFS), evidenzia un’importante correlazione tra lo stadio dell’endometriosi e infertilità.
Nelle forme di III-IV stadio le lesioni tubariche occlusive e la distorsione dell’anatomia pelvica rappresentano una causa accertata di sterilità, in letteratura è stato riportato un tasso di fertilità del 3% dopo un termine di 12 mesi in caso di endometriosi stadio IV . Studi condotti mediante la fecondazione in vitro (FIVET) hanno suggerito che le donne con endometriosi più severa hanno scarsa riserva ovarica, qualità peggiore degli embrioni e ridotta implantation rate.
E’ invece oggetto di discussione e incertezza quale siano l’impatto e i meccanismi patogenetici dell’endometriosi di I-II stadio sulla fertilità.
Nel corso degli anni, sono state formulate diverse ipotesi a tale riguardo. Tra le più accreditate ricordiamo: interferenza sulla funzionalità ovarica, con disordini della follicologenesi, maturazione ovocitaria, sviluppo embrionale ed impianto. Inoltre, sono segnalate modificazioni sulle componenti
del liquido peritoneale e anomalie immunologiche. Queste alterazioni possono avere effetti avversi su ovociti, sperma, embrioni e funzione tubarica.

Effetto su gameti ed embrioni

Gli effetti infiammatori derivanti dall’endometriosi hanno mostrato influenzare sia la produzione di ovociti che l’ovulazione . Inoltre, è stata evidenziata un’alterazione della fase luteale che può derivare dalla disregolazione del recettore del progesterone e dall’effetto sui geni bersaglio del
progesterone.
E’ stato dimostrato che l’aumento del numero di cellule infiammatorie nel liquido peritoneale, non solo danneggi gli ovociti e gli spermatozoi, ma comporti degli effetti tossici sugli embrioni.
Nel caso dell’endometriosi profonda, che si riscontra isolatamente in solo il 6 % delle pazienti, l’infiammazione locale non sembrerebbe raggiungere la cavità peritoneale e quindi non interferirebbe con i processi del concepimento. Un effetto indiretto dell’endometriosi profonda sulla fertilità potrebbe essere legato alla riduzione della funzione sessuale secondaria alla dispareunia che può associarsi a questo fenotipo.

Effetto sulle tube di Falloppio e sul trasporto degli embrioni

Il trasporto dei gameti è influenzato dall’incremento di citochine infiammatorie. Lo stato infiammatorio compromette la funzione delle tube e diminuisce la motilità tubarica. In campioni d iepitelio tubarico, è stata riscontrata una riduzione significativa della frequenza del battito ciliare tubarico nelle pazienti con endometriosi rispetto ai controlli. Analogamente, sono state evidenziate alterazioni delle contrazioni miometriali associate con l’endometriosi che potrebbero alterare il trasporto di gameti e l’impianto degli embrioni.

Effetto sull’endometrio

Oltre agli effetti infiammatori sopra menzionati, vi sono crescenti evidenze che supportano come nella paziente con endometriosi vi siano alterazioni anche a livello dell’endometrio eutopico.
L’impianto embrionale è un evento complesso coinvolgente l’apposizione seguita dall’adesione della blastocisti all’endometrio materno. Sebbene l’impianto possa avvenire in ogni tessuto animale, l’endometrio è l’unico tessuto dove non è permesso al di fuori di un periodo ristretto chiamato
‘finestra d’impianto’. Nonostante i progressi compiuti nelle tecniche di riproduzione assistita, la mancanza di controllo dell’impianto rimane uno dei maggiori limiti alla gravidanza.
Nell’endometrio di donne con endometriosi, numerosi geni importanti per la recettività endometriale sono espressi in modo aberrante. Tuttavia il meccanismo e il segnale specifico che necausino l’alterazione non sono ben caratterizzati.

Endometriosi ovarica

Quando l’endometriosi si estende alle ovaie, formando cisti o endometriomi tramite l’effetto ‘occupante spazio’, le reazioni locali, o entrambi, può ridurre la quantità di tessuto ovarico funzionale disponibile, che può essere ulteriormente aggravata dall’eventuale trattamento chirurgico.
Sebbene ad oggi il miglior approccio chirurgico per gli endometrio mi sia ancora discusso, è invece unanimemente accettato che qualsiasi tipo di intervento chirurgico potrebbe causare ulteriori danni alla già compromessa funzione ovarica.
In generale, il calo dei follicoli ovarici che si verifica nel corso della vita sembra non ostacolare notevolmente la probabilità di concepimento prima dei 37 anni di età. Tuttavia, questo deterioramento può avvenire in età più precoce in caso di endometriomi ovarici.
Quando la riduzione del numero di follicoli ovarici è il risultato del normale processo di invecchiamento (cioè, in donne con più di 40 anni), i dati da studi condotti sui cicli di fecondazione assistita, indicano un parallelo calo della qualità ovocitaria . Questo risultato non si verifica se il numero di follicoli ovarici è ridotta in donne più giovani con endometriosi.
Alcuni studi indicano che i tassi di fecondazione sono ridotti nelle donne con endometriosi. Al contrario, i dati dalla fecondazione assistita fanno pensare che un effetto di endometriosi sulla qualità degli ovociti è probabilmente minimo, perché i tassi di gravidanza sono conservati in donne con endometriosi, anche in quelli con scarsa risposta alla stimolazione ovarica controllata.

Diagnosi Clinica

L’endometriosi in pazienti infertili deve essere sempre essere sospettata in presenza di una sintomatologia suggestiva. Numerosi studi riportano una lunga serie di sintomi associati ad endometriosi, incluso la dismenorrea, il dolore pelvico cronico, la dispareunia profonda, dolori intestinali ciclici, tuttavia nessuno di questi sintomi è patognomonico per l’endometriosi ed il valore predittivo positivo è ridotto.
L’esame clinico può aiutare nella diagnosi e include l’ispezione vaginale con lo speculum e la palpazione bimanuale e retto vaginale. Il sospetto di endometriosi è supportato da reperti come noduli o addensamenti della parete retto vaginale o noduli vaginali visibili nel fornice vaginale
posteriore ed eventualmente masse annessiali. Tuttavia anche in assenza di reperti obiettivi, in pazienti infertile sintomatica, la diagnosi di endometriosi non deve essere esclusa.

Ecografia transvaginale

L’ecografia transvaginale rappresenta un metodo diagnostico non invasivo, riproducibile, con buon rapporto costo/beneficio.
Un endometrioma ovarico è descritto come tessuto ipoecogeno, persistente, ovalare, omogeneo con un contenuto a vetro smerigliato, pareti regolari e con una chiara demarcazione rispetto alparenchima ovarico circostante. Gli impianti di endometriosi profonda infiltrante sono sospettati sulla base di noduli o masse, a contorni più o meno regolari, con sottili echi lineariche si dipartono dal centro della formazione.Molti studi hanno validato la diagnosi non chirurgica dell’endometrioma e dell’endometriosi profonda infiltrante, con una sensibilità dell’81-89% e specificità del 91-97% per l’endometrioma ovarico e del 74-91% e 88-89% per l’endometriosi profonda infiltrante vaginale e retto-vaginale.
Il limite dell’ecografia rimane legato alla caratteristica operatore-dipendenza dell’esame. Una recente Cochrane ha infatti concluso che ad oggi ancora nessun esame di imaging si può sostituire alla laparoscopia nella diagnosi dell’endometriosi.
In mani esperte l’ecografia trans-vaginale rimane l’esame di riferimento per escludere o confermare la diagnosi di endometrioma ed endometriosi vaginale/rettale, soprattutto in donne sintomatiche (Livello A di raccomandazione secondo le linee guida ESHRE 2014).
Il ruolo dell’ecografia transvaginale tri-dimensionale e della risonanza magnetica per la diagnosi dell’endometriosi non è ancora stabilito (Livello D di raccomandazione secondo le linee guidaESHRE 2014). In caso di sospetto coinvolgimento di altri organi come uretere, vescica,
intestino si dovrà ricorrere a metodi diagnostici aggiuntivi per chiarire il quadro (Livello GPP di raccomandazione secondo le linee guida ESHRE 2014).
Inoltre, l’utilità dei markers biochimici incluso il Ca125 non è stata confermata, per cui non andrebbero richiesti come supporto a una diagnosi di endometriosi (Livello A di raccomandazione secondo le linee guida ESHRE 2014).

Laparoscopia diagnostica

La laparoscopia diagnostica con esame istologico delle lesioni, rimane il gold standard per la diagnosi e lo staging definitivi dell’endometriosi. Tuttavia, anche la sola laparoscopia diagnostica in assenza di esame istologico è considerata sufficiente ai fini diagnostici. Infatti un esame istologico
positivo conferma la diagnosi istologica, se negativo non è sufficiente ad escluderne la diagnosi(Livello GPP di raccomandazione secondo le linee guida ESHRE 2014). Le linee guida più recenti, data l’invasività dell’esame laparoscopico, l’accuratezza dell’ecografia trans-vaginale e le nuove indicazioni sul management dell’endometriosi associate ad infertilità, sempre più orientate ad un approccio maggiormente conservativo, suggeriscono di effettuare la laparoscopia diagnostica nei casi di infertilità inspiegata nei quali si sospettino comorbidità quali patologia infiammatoria pelvica, endometriosi minima lieve o in casi di pregressa gravidanza ectopica. Inoltre, nei casi in cui si effettui una laparoscopia diagnostica in una paziente infertile asintomatica, in assenza di segni ecografici di endometriosi, la possibile diagnosi e quindi trattamento dell’endometriosi minima non è dimostrata come efficace nel trattamento dell’infertilità.

Conclusioni

Nonostante sia tra le malattie più studiate, ad oggi l’endometriosi rimane una patologia enigmatica egli stessi effetti sulla fertilità sono controversi nella letteratura medica internazionale. Certamente rappresenta una patologia che quantomeno coinvolge globalmente la salute dalla donna, compresa
la sfera riproduttiva, in modo multiforme e con svariati gradi di severità/aggressività. Emerge come numerosi dati indichino che vi sia un’associazione tra endometriosi e infertilità e tale associazione sembra essere multi fattoriale, dovuta a cause meccaniche, molecolari, genetiche e ambientali. La diagnosi precoce ed il corretto management quando essa sia associata ad infertilità, rivestono un ruolo quanto mai importante in quanto l’instaurarsi della gravidanza stessa può avere un impatto positivo sulla storia naturale della malattia.